FRAMMENTI #11

GIORNI FRANCESI pt.1

Domenica, 19-09-2010

Parto da Milano con il solito stato di inquietudine che contraddistingue le mie vigilie di viaggio. So che questo stato mentale continuerà fintanto che non lascerò alle spalle la mia casa e incomincerò a camminare su una nuova strada. Appena chiuso l’uscio infatti la gioia e la curiosità per la nuova esperienza che mi si para davanti prendono il sopravvento. Lo stanziale ridiventa viaggiatore. Decido che terrò un diario di questi giorni che mi piace chiamare “francesi”. Non so il motivo di questa decisione, ma così mi par giusto se non altro per appuntare qualche emozione e osservazione di quello che probabilmente sarà il mio ultimo viaggio come dottorando in biologia. Un altro periodo della mia vita sta volgendo al termine e un nebuloso futuro mi appare all’orizzonte. Sento però una certa qual serenità nel ripensare a questi ultimi tre anni e credo in fondo di essere riuscito a sfruttare questo periodo, se non altro per viaggiare e fare esperienze. Copenhagen, Cipro, San Sebastian, tre mesi vissuti in una palude toscana hanno arricchito notevolmente il mio zaino delle esperienze.

E ora eccomi qua, sbarcato all’aeroporto di Parigi per salire su un mezzo a me più congeniale, il treno, per raggiungere la mia meta: Nantes. E’ la prima volta che mi spingo così a Nord in Francia e sono molto curioso di scoprire quali emozioni susciteranno in me questi luoghi. Mi porto appresso una piccola valigia con ben pochi vestiti e un pc portatile; nella mia borsa da viaggio africana poche essenziali cose: carta e penna, qualche biscotto stantio, una  sciarpa leggera trovata durante la permanenza in toscana e un ormai inseparabile compagno di viaggio: Tiziano Terzani. Trascrivo qua di seguito una frase letta durante il viaggio in aereo proprio in Terzani: “Quando l’acqua si fa profonda, diventa nuotatore”.  Mi sembra di buon auspicio per questo mio nuovo viaggio.

Il treno è un serpente lunghissimo di undici vagoni che si muovono strisciando nel mezzo di una campagna piatta che di naturale sembra avere sempre meno.  Nuovi agglomerati in costruzione e grandi centri urbani si alternano a prati e campi di mais. Il mio compagno di viaggio seduto di fronte a me si immerge in meditazioni e preghiere. Con le mani giunte sul petto e gli occhi chiusi, recita preghiere in lingua araba. Le orazioni sono interrotte da inchini accennati a serie di tre ripetizioni. Ammiro la perseveranza degli islamici nel compiere i loro riti religiosi, anche se la mia malafede continua a chiedersi se pure questa perseveranza non si risolva alla fine in una vuota routine.

Ora la campagna diventa più campagna. Diminuiscono gli agglomerati urbani e solo qualche pala eolica e qualche ripetitore interrompono la distesa verde che rapida scorre fuori dal finestrino. Il sole sta ormai tramontando e il cielo chiazzato di rosso si stende sopra di me e sopra un orizzonte che ora appare davvero infinito. Ho fame e interromperei il digiuno iniziato stamane piuttosto volentieri in questo momento. Però non posso permettermi di spendere troppi soldi, viste le mie scarse finanze, perciò decido di rimandare la cena una volta raggiunta Nantes, nella speranza di trovare qualche cibaria a buon mercato. Il mio dirimpettaio riprende a pregare. Sono passate da poco le nove di sera e dovrebbe mancare poco più di un’ora all’arrivo. L’oscurità fuori dal finestrino è ora totale. Nessuna luce, solo buio. Immagino che questo serpente di lamiera sopra cui sono seduto continui il suo tragitto solitario in mezzo alle pianure francesi. Lasciandoci alle spalle le grandi città ci stiamo avvicinando alla costa atlantica e con grande mia gioia al mare. Il dirimpettaio estrae una versione compatta del Corano e ne legge sottovoce alcuni brani. L’edizione di questo testo sacro mi attrae: foderata di pelle e richiudibile con una cerniera ha il costone delle pagine color ocra. Ripenso al proposito di studiare la lingua araba e me lo ripropongo ancora una volta. Appena ne avrò il tempo tenterò l’approccio con questa cultura che sento così lontana e allo stesso tempo così nostalgicamente familiare.

Finalmente il treno arriva al suo capolinea: Nantes. Il mio piano è piuttosto semplice: trovare un taxi disposto a portarmi all’hotel che ho prenotato. Ma di taxi non ce ne sono e solo dopo aver vagato per una buona quota della notte, finalmente riesco ad intercettarne uno ed arrivare all’hotel. Due uscieri omosessuali mi accolgono e salito in camera accendo la televisione e mi addormento facendo zapping tra una partita di golf e un rapporto lesbico.